Pubblicata Venerdì 22 Gennaio 2021 10:11
Scoperti i segreti costruttivi delle antiche statue del monastero buddista di Tepe Narenj in Afghanistan
Uno studio appena pubblicato e condotto da un team di ricercatori coordinato dalle Università Politecnica di Valencia e della Calabria ha svelato i segreti delle tecniche che hanno reso possibile la costruzione e la conservazione delle grandi statue ubicate nel sito archeologico buddista di Tepe Narenj in Afghanistan
Il sito archeologico di Tepe Narenj (la “collina degli alberi d’arancio”), situato lungo le pendici orientali della catena montuosa dell’Hindu Kush, pochi chilometri a sud della città di Kabul in Afghanistan, rappresenta uno dei più importanti complessi archeologici afgani, in particolare per la presenza delle grandi statue ubicate in ciò che rimane di un monastero buddista attivo tra il V e il IX secolo d.C. Tali statue sono state realizzate con complessi impasti di argilla, la cosiddetta terracruda,un materiale piuttosto instabile che tende a degradarsi molto facilmente compromettendo il loro stato di conservazione.
Nonostante l’eccezionale importanza storico-archeologica dei manufatti non sono stati realizzati, ameno fino ad oggi, studi in grado di far luce sui dettagli delle tecniche costruttive e sulle cause del loro degrado ma è solo attraverso queste informazioni che si potranno elaborare strategie conservative che permettano di tramandare questo fragile e poco conosciuto patrimonio, assai diffuso lungo tutta la Via della Seta.
Lo studio effettuato su alcuni frammenti delle statue di Tepe Narenj, pubblicato in questi giorni sulla rivista “Studies in Conservation”, ha permesso di determinare per la prima volta la natura, la distribuzione e le proporzioni dei differenti materiali che costituiscono l’impasto. Tra questi si è scoperta la presenza di una certa percentuale di fibre vegetali, utile ad aumentare la rigidità di una parte dei manufatti senza dover ricorrere alla presenza di altre strutture. Questo tipo di analisi potrà finalmente fornire ai restauratori informazioni fondamentali per riprodurre impasti compatibili da utilizzare negli interventi di restauro.
Il raggiungimento di questi risultati è stato possibile grazie all’utilizzo di una tecnica totalmente non invasiva, basata sulla microtomografia a raggi X. Questa tecnica offre grandi potenzialità per lo studio di opere d’arte che, per la loro natura, condizione o rilevanza, non sono adatte ad un campionamento distruttivo.
Lo studio è frutto della collaborazione tra l’Università Politecnica di Valencia e l’Università della Calabria ed è stato svolto con il contributo della National Geographic Society, dell’Università di Calcutta, dell’Università di Barcellona, dell’Universitat Pompeu Fabra (Barcellona) e dell’Instituto di Archeologia dell’Afganistan. L’attività di ricerca è stata coordinata dal Prof. Domenico Miriello del Dipartimento di Biologia Ecologia e Scienze della Terra dell’Università della Calabria, coadiuvato dalla dottoressa Raffaella De Luca e in collaborazione con il prof. Raffaele Giuseppe Agostino, Il prof. Vincenzo Formoso, il dott. Raffaele Filosa e la dott.ssa Maria Caterina Crocco, del Dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria. Le analisi non distruttive sono state eseguite presso l’Infrastruttura di Ricerca STAR dell’Università della Calabria all’interno del laboratorio di microtomografia µTomo finanziato dal progetto PON MaTeRiA.
Link all’articolo pubblicato:
https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/00393630.2020.1862605
Link alle ricostruzioni 3D:
https://www.tandfonline.com/doi/suppl/10.1080/00393630.2020.1862605?scroll=top